Questi i precedenti dei tribunali e della Cassazione citati nel provvedimento:
- L’ordinanza del 29 marzo 2016 del Tribunale di Milano, in cui si afferma che “con il superamento di una certa età, il figlio maggiorenne, anche se non indipendente, raggiunge comunque una sua dimensione di vita autonoma che lo rende, se del caso, meritevole dei diritti ex art. 433 cod. civ., ma non più del mantenimento ex art. 337 ter e ss.. In forza dei doveri di autoresponsaiblità che su di lui incombono, il figlio maggiorenne non può pretendere la protrazione dell’obbligo di mantenimento oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, perché l’obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione. (…) Nel tentativo di identificare un’età presuntiva, va rilevato, in linea con le statistiche ufficiali, nazionali ed europee, che oltre la soglia dei 34 anni, lo stato di non occupazione del figlio maggiorenne non può essere considerato quale elemento ai fini del mantenimento, dovendosi ritenere che, da quel momento in poi, il figlio stesso può, semmai, avanzare le pretese riconosciute all’adulto.
- L’ordinanza del 1 febbraio 2018 del Tribunale di Modena che ha stabilito il principio in base al quale il figlio che abbia raggiunto l’età di 34 anni deve rilasciare l’abitazione materna, per il raggiungimento dell’età limite, anche se non è pienamente autosufficiente.
- Cass., n. 22314/2017 che ha confermato il decreto della corte di merito che, in riforma della decisione di prime cure, ha pronunciato la revoca del mantenimento alla figlia trentacinquenne disoccupata ma che non era affetta da patologie che ne riducessero la capacità lavorativa.
- Cass., n. 5883/2018 che ha confermato la revoca dell’assegno ad un figlio ultra trentenne in quanto decisione conforme alla giurisprudenza di legittimità a tenore della quale “ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo, fermo restando che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, perché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di formazione nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, perché compatibili con le condizioni economiche dei genitori.
- Cass. n. 17183/2020 ha ribadito che la maggiore età, tanto più quando è matura, implica l’insussistenza del diritto al mantenimento. La capacità di mantenersi e l’attitudine al lavoro sussistono sempre, in sostanza, dopo una certa età, che è quella tipica della conclusione media di un percorso di studio anche lungo, purché proficuamente seguito, e con la tolleranza di un ragionevole tasso di tempo ancora per la ricerca di un lavoro. Sicché, è onere del figlio maggiorenne ormai divenuto adulto provare non solo la mancanza di indipendenza economica che è la precondizione del diritto preteso, ma anche di avere curato, con ogni possibile impegno, la ricerca di un lavoro.
Si conferma pertanto l’orientamento ormai consolidato della Corte di legittimità, volto a far cessare l’obbligo di mantenimento per la prole inerte rispetto alla volontà di reperire un’occupazione.