Assegno divorzile: ciò che conta è il sacrificio lavorativo

Ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile, ciò che deve essere dimostrato è che il coniuge economicamente più debole abbia sacrificato occasioni lavorative

Commentiamo un provvedimento che ancora una volta collega l’assegno divorzile al sacrificio che il coniuge beneficiario abbia fatto durante il matrimonio nell’ambito lavorativo.

Com’è noto, la giurisprudenza più recente della Corte di Cassazione (Cass., Sez. U, Sentenza n. 18287 dell’11.07.2018) ha stabilito che il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.

Il giudizio deve essere espresso alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.

La natura perequativo-compensativa discende direttamente dal principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, ma il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, tenendo conto in particolare delle aspettative professionali sacrificate.

In altre parole, il giudice del merito è chiamato ad accertare la necessità di compensare il coniuge economicamente più debole per il particolare contributo dato, durante la vita matrimoniale, alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge, nella constatata sussistenza di uno squilibrio patrimoniale tra gli ex coniugi che trovi ragione nelle scelte fatte durante il matrimonio, idonee a condurre l’istante a rinunciare a realistiche occasioni professionali-reddituali. In tal senso Cass., Sez. 1, Ordin. n. 9144 del 31.03.2023; Cass., Sez. 1, Sent. n. 23583 del 28.07.2022 e Cass., Sez. 1, Ordin. n. 38362 del 03.12.2021.

Il sacrificio lavorativo

Ciò che deve essere dimostrato, dunque, è che il coniuge economicamente più debole abbia sacrificato occasioni lavorative o di crescita professionale per dedicarsi alla famiglia, senza che sia necessario indagare sulle motivazioni strettamente individuali e/o intime che hanno portato a compiere tale scelta, che, comunque, è stata accettata e condivisa dal coniuge.

La parte può aver preferito dedicarsi alla famiglia per amore dei figli o del coniuge, ma anche per sfuggire ad un ambiente di lavoro ostile o per infinite altre ragioni, ma tali motivi non rilevano, poiché l’assegno mira a compensare lo squilibrio economico conseguente alla scelta di impiegare le proprie energie e attitudini in seno alla famiglia, piuttosto che in attività lavorative, o in occasioni di crescita professionale, produttive di reddito.

Rileva pertanto solo che l’ex coniuge abbia effettivamente fornito il suo contributo personale alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune o di quello personale dell’altro coniuge, a scapito del tempo e delle energie che poteva potuto dedicare al lavoro o alla carriera.

In altre parole, per ottenere l’attribuzione dell’assegno divorzile, non è necessario che il richiedente dimostri che il coniuge abbia abbandonato il lavoro per dedicarsi esclusivamente alla cura dei suoi cari, assumendo rilievo il semplice sacrificio di attività lavorativa o di occasioni professionali come. Ad esempio, la scelta di lavorare part time o quella di optare per un lavoro meno remunerativo rispetto a un altro, che però lascia più tempo per seguire nel quotidiano il coniuge, i figli e la casa, come pure la decisione di rinunciare, per gli stessi motivi, a promozioni, a nuovi incarichi o ad avanzamenti di carriera.

Ordinanza Cass. Civ. n. 27945 del 04.10.2023

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