L’articolo 1 della legge 184/1983 attribuisce carattere prioritario all’esigenza del minore di vivere nella famiglia di origine, esigenza ribadita con forza ancor maggiore attraverso le successive modifiche apportate alla predetta norma. Un’esigenza della quale è consentito il sacrificio solo in presenza di una situazione di carenza di cure materiali e morali, da parte dei genitori e degli stretti congiunti, e a prescindere dall’imputabilità a costoro di detta situazione, tale da pregiudicare in modo grave e non transeunte lo sviluppo e l’equilibrio psicofisico del minore stesso.
Cass. Sezione I civile, sentenza 19 gennaio-14 maggio 2005 n. 10126 (in Giuda al Diritto, Edizione n. 25 del 25 giugno 2005, pagina 22)
La presenza di significativi rapporti con il minore – accompagnati dalle relazioni psicologiche e affettive che normalmente caratterizzano un così stretto legame di parentela – da parte di una parente (nella specie la nonna), quale figura sostitutiva della madre, costituiscono il presupposto giuridico per escludere lo stato di abbandono, e, quindi, la dichiarazione di adottabilità.
Cass. Sezione I civile, sentenza 19 gennaio-14 maggio 2005 n. 10126 (in Giuda al Diritto, Edizione n. 25 del 25 giugno 2005, pagina 22)
L’accertamento dello stato di abbandono del minore non può essere rimesso a una valutazione astratta, compiuta ex ante – alla stregua di un giudizio prognostico, fondato su indizi privi di valenza assoluta, e in assenza di qualsivoglia riscontro obiettivo – circa la scarsa idoneità della famiglia di origine a fornire in futuro al minore le cure necessarie per il suo sano sviluppo; dovendo, invece, la valutazione di cui si tratta necessariamente basarsi su di una reale, obiettiva situazione esistente in atto, nella quale soltanto vanno individuate, e rigorosamente accertate e provate, le gravi ragioni che, impedendo al nucleo familiare di origine di garantire una normale crescita, e adeguati riferimenti educativi, al minore, ne giustifichino la sottrazione allo stesso nucleo.
Cass. Sezione I civile, sentenza 19 gennaio-14 maggio 2005 n. 10126 (in Giuda al Diritto, Edizione n. 25 del 25 giugno 2005, pagina 22)
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